
[Esclusiva MDR] Intervista a Mondo Marcio
Abbiamo incontrato il rapper Mondo Marcio in occasione del firmacopie del suo ultimo album “La freschezza del Marcio” al Romagna Shopping Valley di Savignano sul Rubicone (FC). Marcio si è dimostrato molto disponibile ed ha risposto alle nostre domande.
“La freschezza del Marcio” è un ossimoro: una cosa marcia non può essere fresca, eppure tu disco dopo disco dimostri di poter essere fresco quanto vuoi. Qual è il tuo segreto?
Non credo di avere un segreto. Cerco di essere sempre motivato, ispirato e cerco di fare della musica che prima di tutto diverta me. Poi ci sono ovviamente le regole di mercato che sono chiare a tutti, quindi bisogna fare canzoni che divertano il maggior numero di persone. Credo sia come la vita in generale: per far star bene il tuo partner o il tuo collega devi stare bene tu, quindi per fare dischi che ispirino le persone cerco di divertirmi io per primo.
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Nel brano “Qua per restare” dici: “I talent sono lo show, non sono la soluzione, quanti Moreno devono ancora morire per farti vedere la luce”. Che ne pensi quindi dei rapper che emergono dai talent e di quelli che invece fanno i giudici?
Penso che i talent siano uno spettacolo molto divertente da guardare, ma non so se faccia veramente bene alla musica tutto questo casino intorno a una canzone. Per quanto riguarda i giudici rapper credo che sia divertente partecipare, però mi chiedo se poi nel lungo termine tutto questo “faccia bene” ad un artista che si presta. C’è chi come J – Ax che per l’esperienza e per il tipo che è se l’è giocata benissimo. Però lui da sempre è un po’ una mosca bianca, non so nemmeno quanto faccia testo citarlo perché è “un’altra classe di artista”.
Hai realizzato molti featuring nel tuo nuovo disco. Ce n’è uno del quale sei più contento e orgoglioso?
No, perché tutti i featuring nascono dai rapporti che ho con queste persone. Ci siamo incontrati in studio per sentire della musica che “gasasse” noi per primi e da lì siamo partiti a lavorare alle canzoni. E’ stato tutto molto genuino, molto spontaneo. Con Ghemon siamo partiti da certi riferimenti, con Fabri Fibra da altri e così via.
Com’è nata la collaborazione con Mr. Phil Simmonds dato che non è un artista molto conosciuto in Italia?
L’ho incontrato a Los Angeles tramite amici comuni, precisamente tramite Gianluca Pizzorno, un producer italiano che vive proprio a Los Angeles. Ci siamo visti in una delle sessioni che ho fatto a L.A. ed è nata subito un’alchimia. Sai, il fattore umano conta tantissimo, quindi abbiamo subito cercato delle cose che piacessero a entrambi, ascolti da fare ecc. e da lì abbiamo messo insieme un po’ di idee e così è nata “Lost in the world”.
Com’è stato avere a che fare con Mina?
Bellissimo: lei è la numero uno. È molto alla mano, molto sul pezzo. Tra l’altro la collaborazione con lei mi ha ispirato a fare quest’album, nel senso che due anni fa è emersa “un’influenza” che ho sempre avuto, cioè quella di Mina, e il fatto di far uscire una cosa, che non ha niente a che fare col rap e vedere quanto questo abbia funzionato, mi ha convinto a far uscire anche il resto. Da qui sono nate tutte le ispirazioni che si ritrovano in questo disco.
Dal 2006 in poi, insieme a Fabri Fibra, hai aperto un varco per la scena rap in Italia: sei contento di ispirare le nuove generazioni che sono abbastanza differenti dalla tua?
Certo, ne sono contentissimo. L’album “Solo un uomo” ha creato un precedente sia commerciale che artistico per tutti i progetti rap sui quali, da questo disco in poi, le multinazionali si son sentite sicure di poter investire, prima di “Solo un uomo” non era così. Ho creato una prova, un precedente e dunque grazie a questo gli investimenti sono andati anche sul rap italiano e vuol dire molto. “Solo un uomo” anche artisticamente ha segnato molto, ha marcato la differenza tra il rap fatto dalle crew, dal movimento molto anni ’90 alla nuova generazione rap dove il rapper, da solo, ti parla dei suoi problemi, delle sue aspirazioni, dei suoi sogni e questa era una cosa che non c’era in Italia.
Com’è nata la collaborazione con Fidia Costantino, anche lei poco conosciuta?
L’ho conosciuta tramite amici comuni, ho scoperto, dopo, che aveva partecipato ad un talent (“Forte forte forte” n.d.r.). Il fatto di mettere lei nell’album per me è una piccola vittoria perché è una rappresentazione del fatto che ci può essere della meritocrazia in Italia. Credo che il talento vada premiato e in molti casi serve quasi il “bollino blu” agli artisti, servono approvazioni per poter fare qualcosa, invece io volevo dimostrare che la meritocrazia ci può essere e basta avere un grande talento per fare delle grandi cose, come per esempio Simmonds che in Italia è sconosciuto, piuttosto che Fidia: sconosciuti, ma bravissimi.
Ultima domanda: Che progetti hai per il futuro? (Anche con la tua etichetta, la “Mondo Records”)
Usciranno nuovi pezzi degli artisti della “Mondo Records”, nelle prossime settimane ne sentirete parlare parecchio. Prima dell’estate uscirà il mio libro, “La città fantasma”, che sono molto contento di dare alla luce. E’ un romanzo di narrativa noir, è una grande metafora della società italiana di oggi. Inoltre sto lavorando a delle canzoni in inglese, come la ghost track di questo album che reputo sia stata la cosa giusta da fare, però volevo appunto assicurarmi che fosse una traccia fantasma, come un fantasma che un po’ si vede, perché la gente oggi è molto distratta.
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