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“MALAMMORE” di Luche: La Recensione!

L’ultimo lavoro di Luchè, il “sequel” simbolico di “L2″ ed “L1”, ha preso forma di brano in brano fino a comporsi nello splendido disco che ci è possibile contemplare oggi.

“MALAMMORE” si è fatto attendere come un figlio, e dal momento che raccoglie orgogli, esperienze, timori passati e vittorie attuali dell’artista,  possiamo dire che Luchè abbia dato alla luce una nuova modalità per consentire di alzare il livello dell’industria musicale.

Non manca nulla. Laddove è possibile scorgere un punto debole per l’insorgere di una possibile critica, è sufficiente attendere sino alla traccia successiva per seppellire le ideologie precedenti.

La track-list stessa appare più come un indice, introduce ai vari capitoli che verranno trattati, dal più sonoro al più concettuale.
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Il primo brano, “Violento“, è l’introduzione ideale. Mette le carte in tavola, così come sono, senza badare a moderare i metodi espressivi, decisi ed espliciti. Il mood non cambia con “Il mio nome”,ma mentre precedentemente l’attenzione era volta a ciò che circonda e condiziona la personalità diLuchè, in questo caso ci troviamo a vederlo riflesso attraverso una vera e propria “hit”,  giocata in modo esemplare, nella quale diventa reale e visibile il distacco compiuto dai lavori precedenti. Un distacco volto ad elevare, e non ad intralciare il risultato, pluri criticato dai fan affezionati, specie con l’affiancamento di questo brano a “Bello”, ft. Guè Pequeno, ritenuto superficiale.

Ricredersi però diventa facile avuta la certezza che Luchè è oggi in grado di far venire la pelle d’oca come lo era allora, ed in più può permettersi il vezzo di uscire con brani più tecnici, contenutisticamente meno ricchi e più dinamici, senza perdere un filo di credibilità, ed anzi, aumentando le sue competenze dimostrando bravura anche in ambiti più “leggeri”.

“O’ primmo ammore” conferma quanto sopra. È forse la traccia “simbolo” del disco, la più nostalgica ed organica, sincera. Si aggrappa al passato, e non pretende di portarlo al futuro, lascia riemergere le emozioni più significative per condividerle. Un modo per liberarsene e raccontarsi. “Fin Qui”, “Che Dio mi benedica”, tematiche altrettanto delicate, ma su due produzioni antitetiche ed interessanti allo stesso modo, sorprendente il lavoro acustico del secondo brano.

Impossibile lasciarsi alle spalle la propria terra, nonostante tutto. “Per la mia città” è il fiore all’occhiello dell’orgogliosa patria di Luchè, certamente imperfetta, ma unica culla di una vita di esperienze.

Seguono “E’ Sord”, “Non mi va”, “Lo stesso viso”, da comprendere ed ascoltare una ad una, variegate per simbolismi e riferimenti, tempi e modalità di narrazione. “Quando non ero nessuno”, un altro salto nel passato, vissuto diversamente, trattato con un particolare occhio di riguardo e rispettosamente raccolto in poche strofe.

“Cos’hai da dire”, parte delle poche tracce contenenti featuring. Coco accompagna Luchè in maniera esemplare. Uno dei pezzi più graditi e sentiti. Commovente e schietto, suona come un richiamo in fondo ad una galleria deserta. Un’ancora, una sicurezza ed un conforto pieno, vivo. Eccelso.

“Ti amo” propone la stessa sincera trasparenza, “Quelli di ieri” è una fotografia sbiadita al sole, nostalgica? Forse. Ma non è certo l’empiezza dei ricordi che stanca.

“Il mio ricordo” suona come un consiglio, da condividere e conservare. La base è più un acceso riddim di cui si conservano i toni più caldi, in forte contrasto con quella del brano seguente: “Andrò via da qui”, più ridondante, molto  legata all’aspetto classico del suono, tecnicamente perfetto con il concetto lirico.

“Devi amarmi”, “ha il sapore di un addio”, sconfitte che sopraffanno vittorie, la solita naturalezza cruda che tanto ci coinvolge.

“E’ cumpagn mie” tesse la conclusione del disco, un contorno protettivo, la gente vera, come le parole che la descrivono, più discorsiva e libera, anche per la produzione che ne scorta i versi.“Nisciun”, ultima traccia, ha lo stesso peso lirico di “Violento”, ma si tiene più grezza, senza mai distaccarsi dalla realtà oggettiva dei fatti, come farebbe un saluto onesto.

Le produzioni sono fidate, ed anche per questo tanto riuscite, spiccano i nomi dell’immancabile ed impeccabile D-Ross, di GEENO, Star-T-Uffo e dj Fedele, non a caso chiamati a rappresentare un lavoro tanto importante.

Rarissimi i featuring, che chiamano in causa Guè, un nome difficile da avere per l’enorme impegno dato da “Santeria”; Coco, con un disco ancora fresco alle spalle e un bagaglio tecnico non indifferente, legato a Luchè sin dalle origini. Da Blonde è invece la voce incisiva che accompagna il brano “Lo stesso viso”, ma non è l’unica figura femminile del progetto. Le si affianca ancheBaby K, reduce da innumerevoli successi, che presenzia in “Quelli di ieri”. 

“MALAMMORE” è quanto di più completo possa essere offerto ad un pubblico attento ed esigente come quello di Luchè, che si afferma pronto a dimostrare più che mai quanto valga, e quanto la musica sia parte di ciò che compone il suo essere.

Un ottimo, ottimo lavoro, che conferma le grandi aspettative avute sin ora nei riguardi di Luchè, mai deluse, sempre pronte a decollare.

L’orgoglio di RC music ha dato ancora una volta i suoi frutti.

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