A quasi un anno esatto dall’uscita di Santeria, il sublime lavoro pluripremiato con l’amico-collega Marracash, ecco che Guè fa nascere Gentleman, confermandosi come uno dei rapper più prolifici nella pubblicazione. Cosa c’era da aspettarsi da quest’album? Qualcosa di introspettivo, magari? Oppure un concentrato di autocelebrazione? Si direbbe che il Bravo Ragazzo abbia optato più per la seconda ipotesi.
Innanzitutto è interessante analizzare le tecniche di marketing usate per la pubblicizzazione di questo disco, infatti il primo singolo che è stato scelto, trinità, si scopre essere una bonus track, una scelta alquanto atipica ma interessante. Il disco, inoltre, è stato rilasciato in due versioni (red e blue) con la tracklist identica in tutto tranne che nelle due bonus track finali e le copertine. L’album presenta featuring di rilievo, racchiudendo, più o meno, la gran parte della scena attuale. Le produzioni sono affidate ai migliori dell’ambiente e infatti, come vedremo, saranno il cavallo da battaglia dell’album.
Una volta che si mette in play eccoci proiettati in un mondo quasi cinematografico: la maggior parte delle canzoni parlano di strada, vita sfarzosa e argomenti simili e sono composte da frasi d’effetto su soldi, donne e droga, autocelebrazione a volontà e punchlines.
Il disco parte con t’apposto, come per segnalare quello che sarà l’andamento dello stesso. Lamborghini vede la partecipazione del fenomeno del momento, Sfera Ebbasta, e, su una base impeccabile di Don Joe, i due rapper formano una hit: unica lieve pecca è la monotonia del flow di Guè, che usa praticamente sempre lo stesso, ritornello incluso.
Le tracce 3,4,5 sono le peggiori del disco, milionario e guersace strizzano l’occhio al reggaeton e non possono che essere dei semplici tormentoni estivi, fatti esclusivamente per arrivare a chiunque, testi non troppo elaborati che trattano di soldi per quanto riguarda la prima e del rapporto con una ragazza per la seconda. Non ci sei tu, invece, è la più brutta del disco, una canzone alla Drake ma mal riuscita: autotune fastidioso (soprattutto nel ritornello) e strofe scialbe, che lasciano poco.
Dopo questa parentesi un attimo deludente il cd riprende il filone principale e si attesta su livelli decisamente più alti con relaxxx e mimmo flow che sono due canzoni che sfiorano la perfezione. La prima vede la partecipazione del king del rap e di Charlie Charles che, ancora una volta, dà vita a una base di un altro pianeta, confermando il fatto che “non ne sbaglia una”. I due rapper, invece, compongono strofe perfette a livello di flow e metrica, con frasi d’impatto autocelebrative e arroganti, come solo loro sanno e possono fare, una delle migliori del disco. La seconda invece non vede featuring, il golden boy rappa da solo su una base devastante degli affermati 2nd roof, con una potenza che solo lui sa imprimere, e un attacco dopo il ritornello iniziale che è qualcosa di incredibile, flow sublime e una prima strofa che chiude quasi tutte le barre in –ein (mica male). [adsense]
Il disco continua con l’angolo Sick Luke, infatti le tracce 8 e 9 vedono entrambe il suo nome per quanto riguarda le produzioni. Cosa aspettarsi dunque? Ovviamente basi di grande effetto, nelle quali Guè sfodera le migliori punchlines in scarafaggio e tanta autocelebrazione e prepotenza in oro giallo. Entrambe le canzoni accolgono featuring, la prima vede la partecipazione di Tony Effe e Frank White, la seconda di Luchè, che usa, nel bene e nel male, un flow molto singolare.
Arriviamo quindi a una delle canzoni più originali del disco: la malaeducazione. La traccia è formata da uno storytelling rappato davvero splendidamente, su una base piuttosto particolare (e bella) di Marz, il tutto condito da un ritornello di Enzo Avitabile, che dà un tocco di cantautorato.
Continuando l’ascolto si giunge a punto su di te, dove Guè si scopre un po’ con un testo niente male, ma ciò che non convince è il ritmo e la musicalità, proseguendo si incontra la mia collana che ha invece un testo molto spensierato, che lascia poco all’ascoltatore. Due canzoni che non si attestano sui livelli più alti del disco ma che restano sufficienti.
Arriviamo alla conclusione, gli ultimi due pezzi del disco, che sono delle vere e proprie ciliegine sulla torta. Il viola è forse la canzone migliore di gentleman, un testo che sottolinea il lato negativo dei soldi e di tutto ciò che ci gira intorno, il tutto abbellito con un flow e una base che danno un mood alla canzone che la rende unica nel suo genere, una canzone perfetta sotto tutti i punti di vista. L’ultima traccia, trentuno giorni, è un’altra canzone sui generis, dove il golden boy con un ritmo piuttosto calmo insulta in tutti i modi possibili e immaginabili una ragazza, una scelta particolare in quanto il mood non rispecchia il testo, ma il risultato è ben riuscito.
In conclusione si può ammettere che gentleman non è il miglior lavoro di Guè ma comunque un’opera di ottima fattura, soprattutto a livello di produzioni, tecnica e stile. Il disco regala canzoni davvero potenti alternandole ad altre di livello evidentemente più basso, menzione d’onore per quanto riguarda la scelta delle produzioni che sono l’asso nella manica. Intanto possiamo dire che è sicuramente una delle migliori uscite di quest’anno.
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